Parlamento in ginocchio

Solo decreti legge nei primi tre mesi di legislatura, contro una prassi costante che ne prevedeva al massimo 3 al mese. L'unica proposta di legge per salvare il Premier (il c.d. lodo Alfano) è passata alla Camera in soli tre giorni con una forzatura regolamentare spaventosa, consentita dal suo Presidente. Al Senato si è ricorsi allo stesso rito sommario. Più o meno cinque giorni per il complessivo esame parlamentare di un testo che nella vicina Francia di Chirac aveva richiesto 5 anni (dal 2002 al 2007).
Spesso sono aggirate le prerogative del Presidente della Repubblica perché vengono inserite nei decreti, durante l'esame alle Camere, disposizioni che non avrebbero ottenuto la firma iniziale del Capo dello Stato (clamoroso il caso della norma blocca processi inserita nel decreto sulle sicurezza). Prassi ancora più pericolosa e sempre in dispregio delle prerogative presidenziali è quella di “giocare” con i decreti legge trapiantandone allegramente uno nell'altro. Questo è avvenuto con i decreti Alitalia ( d.l. n. 80/2008 e n. 97/2008); è avvenuto ancora con i decreti rifiuti in Campania (d.l. n.90/2008 e n. 107/2008 ) ed ora, con il decreto c.d. “milleproroghe”, l'operazione è ancora più spregiudicata perché si fondono insieme ben tre decreti legge (n.97/2008,nn.112e 113/2008). Tutto questo con la benedizione ovviamente dei Presidenti delle Camere!. Sono proprio curioso di sapere come giudicherà, a suo tempo, la Corte costituzionale questa prassi che calpesta vistosamente gli articoli 72, 77 e 87 della Costituzione:
La fiducia posta sul decreto economico fiscale (la terza,manon certo l'ultima, in questo primo scorcio di legislatura) è stata particolarmente odiosa perché ha impedito qualsiasi discussione o confronto su un provvedimento di un centinaio di articoli che costituisce la prima manovra economica del Governo: una specie di finanziaria anticipata.
Anche questo precedente è assolutamente nuovo e assolutamente negativo perchè le finanziarie hanno già conosciuto maxiemendamenti e fiducie, ma sono comunque partite come leggi ordinarie e con un adeguato tempo per l'esame parlamentare.
In questo caso si è partiti invece con lo strumento del decreto legge e con tempi spaventosamente compressi. All'interno c'è poi una “perla” dal punto di vista costituzionale: si autorizza il Ministro dell'economia a modificare con atto amministrativo la struttura del Bilancio, come se non esistesse l'art.81 della Costituzione che ha una rigida riserva di legge.
In aggiunta a tutto questo la più dura svolta xenofoba della storia recente del nostro paese contro ricongiungimento familiare, rifugiati e comunitari è stata realizzata in semiclandestinità parlamentare utilizzando decreti “correttivi”ed una delega legislativa del centro sinistra del tutto inidonea allo scopo.
E' bastato invece un semplice atto amministrativo (Decreto Presidente del Consiglio) ed una serie di ordinanze con un aggancio del tutto abnorme alla protezione civile per avviare la schedatura di massa dei rom e dei bambini rom. Per fortuna che alle proteste vibranti dell'opposizione e di tutto il mondo delle associazioni e della Chiesa si è aggiunta la clamorosa censura del Parlamento europeo.
E' evidente che procedendo in questo modo, con il disprezzo totale delle più elementari regole parlamentari, con una maggioranza amplissima e militarizzata ai suoi ordini, con un Governo prono ai suoi piedi che approva la manovra finanziaria in 9 minuti e mezzo, è evidente che in queste condizioni Berlusconi, che già ha una naturale propensione a sentirsi onnipotente, si senta addirittura un padreterno e minacci di voler fare subito la riforma della giustizia, la compressione delle intercettazioni e il ripristino dell'immunità parlamentare. Ritiene di aver messo in ginocchio il Parlamento e ne vuol trarre le conseguenze, perdendo ogni pudore.
Sa benissimo il Presidente del Consiglio che l'immunità parlamentare, prevista nel testo originario della Costituzione, era stata tolta di mezzo, nel 1993, dopo tangentopoli con una legge costituzionale, approvata a larga maggioranza. Sa benissimo il Presidente che la fortissima spinta dell'opinione pubblica verso quella modifica nacque non solo per effetto di tangentopoli ma a causa di una continua e disastrosa prassi parlamentare che con criteri del tutto corporativi proteggeva i parlamentari di fronte a reati e ad incriminazioni di ogni tipo, attinenti alla loro vita privata, che nulla, proprio nulla avevano a che fare contro le invasioni delle prerogative parlamentari (alcuni esempi: emissione di assegni a vuoto, truffa, concorso continuato in peculato, concussione, appropriazione indebita, truffa allo Stato e ricettazione).
Il ritorno a quelle disposizioni e a quei privilegi oggi sarebbe considerato assolutamente intollerabile. Si darebbe alla maggioranza parlamentare un potere pressoché assoluto di autoassolversi.
E' già molto discutibile la prassi parlamentare che in attuazione dell'art.68, primo comma, della Costituzione oggi “salva” dal processo parlamentari che vanno ben oltre la manifestazione di opinioni e di voti legati all'esercizio delle funzioni: ci sono cittadini comuni che per effetto di queste prassi non riescono ad avere giustizia.
I problemi della giustizia sono altri: si tratta di darla giustizia, non di toglierla. Si tratta di fare una riforma con la magistratura, non contro la magistratura, in attuazione della Costituzione, non contro la Costituzione. Una riforma che ampli e non riduca la possibilità dei cittadini di partecipare, di conoscere il processo.
Restano prioritari ed intangibili i due principi stampati a caratteri cubitali nella nostra Carta: giustizia efficace, uguale per tutti ed esercitata in nome del popolo.

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