Un professore chiamato Presidente

SINOSSIRicordi, immagini e aneddoti di chi ha vissuto in prima persona fatti della nostra storia recente e conosciuto alcuni dei suoi protagonisti. Il percorso universitario, il ’68, la Rai, dall’inizio della televisione a colori alla vigilia dell’Editto bulgaro, le tre legislature in Parlamento, tra Berlusconi, Prodi e Monti, sono i momenti essenziali. Nitide fotografie della Rimini di Fellini, dei vitelloni, della mille miglia e di Zavoli. I ritratti della Firenze di La Pira. L’Università di Barile e della Scuola fiorentina. I lunghi anni passati in Rai, dopo Bernabei, con Grassi e Fabiani, De Luca e Agnes. Le tappe nei Consigli Rai scandite dai grandi intellettuali: Cheli, Pedullà, Firpo, Lipari, Roppo, Tecce, Volponi e Vacca. I grandi film di Olmi, dei fratelli Taviani, di Moretti. La nascita delle prime grandi serie tv: Il Commissario Rocca, Montalbano, La meglio gioventù e la serialità a basso costo di Un posto al sole. Le performance e i grandi ascolti con la Carrà, Fazio, Fiorello, Celentano e Benigni. L’informazione con Biagi, Santoro e Vespa. La satira in prima serata con Guzzanti, Dandini e Luttazzi. L’ingresso nelle aule della politica. Gli incontri con i leader della sinistra e della destra e tra loro, una giovanissima Meloni. E poi i leader stranieri: Kissinger, Tony Blair, incontri ufficiali ed epiche partite di tennis, antefatto di un amichevole incontro a Downing Street. Oggi: il CIR-Rifugiati per l’accoglienza e l’integrazione degli ultimi. Il Cinema e i progetti con Monica e infine l’azionariato popolare con Interspac: progetto e utopia di economisti, grandi campioni, giornalisti, professionisti e persone dello spettacolo.

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Prefazione di Walter Veltroni

Memorie disordinate”, così Roberto Zaccaria ha voluto definire, nel sottotitolo, questo libro che ripercorre la sua vita, anche se l’intento dichiarato fin dall’inizio non era la scrittura di una vera e propria autobiografia.

In realtà, è vero che le tessere che lo compongono sono molto ricche e varie, e si alternano, a volte mischiandosi, in modo tutt’altro che scontato e prevedibile. E però è altrettanto vero che il mosaico che ne emerge è ben visibile e compiuto. Segno di un’intima e profonda coerenza che, per quanto ho avuto modo anche io di sperimentare più volte nel corso di tanti anni, non l’ha mai abbandonato. La coerenza, insieme alla curiosità intellettuale e alla competenza di studioso, alla passione civile e politica, alla spiccata umanità, sono i tratti più marcati di Roberto, quelli che l’hanno guidato nelle diverse esperienze che hanno contraddistinto il suo percorso personale e professionale.

Da “spettatore”, come con elegante understatement scrive lui stesso. Ma anche, indiscutibilmente, da “protagonista” di tante pagine della nostra vita pubblica e in particolare della vicenda di quell’azienda che entrambi abbiamo amato a lungo, la Rai.

Sicuramente, del mosaico, la tessera più grande e impegnativa, quella alla quale sono state dedicate le energie migliori. Prima da teorico, pubblicando la pionieristica monografia su “Radiotelevisione e Costituzione” nel ’76, e prima ancora viaggiando in Europa e negli Stati Uniti “alla ricerca dei modelli che avrebbero potuto ispirarci nell’elaborazione di una legge sulla televisione che in Italia mancava del tutto”. Poi, l’anno successivo, entrando a far parte del Consiglio d’Amministrazione della Rai, dove sarebbe rimasto – record assoluto e pressoché imbattibile – per sedici anni, prima di farvi ritorno qualche tempo dopo, nel ‘97, come Presidente. Un passaggio che ricordo molto bene per avervi in qualche modo preso parte, come peraltro viene raccontato in queste pagine.

Pagine dove si incontrano, a proposito di Rai, figure che ne hanno fatto davvero la storia, da Sergio Zavoli a Fabiano Fabiani, da Paolo Grassi a Willy De Luca, da Emmanuele Milano a Biagio Agnes. Pagine che non mancano di affrontare le vicende più delicate che hanno investito anche l’azienda, a cominciare dalla P2, e i tornanti istituzionali e politici che inevitabilmente l’hanno riguardata, dalla decisione della Corte Costituzionale di aprire ai privati, alla “legge Mammì” del 1990. Pagine che raccontano di quando, appunto, il “Professore” comincia ad essere chiamato “Presidente” e si apre la sua gestione: l’inizio delle trasmissioni di Rai Parlamento e più avanti l’avvio di Rai Cinema, il “caso Fazio” e l’annuncio fatto personalmente in diretta del rinnovo del suo contratto, il successo del primo spettacolo televisivo di Fiorello e l’avventura di Rai News guidata dal nostro caro e indimenticato comune amico Roberto Morrione, Benigni ospite di Enzo Biagi e l’incubazione, da quel preciso momento, del successivo famoso “editto bulgaro” del 2001.

Sta di fatto che ha ragione, Roberto, a scrivere che in quel periodo, il periodo della sua presidenza, l’azienda si caratterizza decisamente come leader nel settore televisivo e che “non c’era un solo genere di programmazione che la Rai non coprisse con titoli che non fossero al top”. Roberto voleva che la rai del suo tempo coniugasse qualità e pubblico, assolvesse così al suo compito d’istituto e fosse coerente con la sua storia migliore.

Le dimissioni, con il centrodestra al governo, arrivano comunque alla scadenza del mandato, dopo di che il ritorno all’università dura fino alla richiesta, avanzatagli nel 2004 dal centrosinistra, di candidarsi alle suppletive alla Camera dei deputati nel collegio milanese lasciato da Umberto Bossi. Si apre – anche se non del tutto, perché la politica nella vita di Roberto è sempre stata ben presente, sin da giovane, nelle file della sinistra Dc – una fase di intenso impegno parlamentare, prima con la Margherita e poi con il Partito democratico, nella legislatura iniziata quando ne ero segretario.

Quella prima campagna elettorale, scrive Roberto definendola, vale ovviamente anche per me, uno dei momenti forse più belli della sua vita, “diventa la sintesi di tante cose che avevo messo in campo: l’università, la Rai, la politica e naturalmente l’Inter”.

Per onestà intellettuale non mi dilungo, essendo io collocato su una sponda decisamente rivale, su questa passione calcistica di Roberto, nata ai tempi in cui si poteva incontrare Lennart Skoglund sulla spiaggia di Rimini e provare a parare qualche suo tiro, come a lui successe davvero. Osservo semplicemente che questo momento di “sintesi” racchiude effettivamente l’idea di una omogeneità di pensiero e di una coerenza di comportamenti che davvero ha fatto della vita di Roberto una vita “bella”, piena e ricca. Che oggi vede nel suo impegno assiduo alla guida del Centro italiano rifugiati una prova ulteriore della scelta di vita di Roberto: studio, passione civile, impegno culturale. Dalla parte della giustizia sociale, delle opportunità, della legalità.

Un libro che la racconta, specie se, come in questo caso ,in modo così leggero e ironico, meritava di essere scritto.

E, ora, merita di essere letto.

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