Le restrizioni in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini stranieri sono state adottate dal Governo al di fuori delle proprie competenze e pongono seri ostacoli all'integrazione degli immigrati nel tessuto sociale

La Commissione affari costituzionali della Camera si appresta in questi giorni a dare un parere favorevole sullo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini stranieri regolarmente presenti nel nostro territorio. Penso che dovremmo votare contro la proposta del relatore di dare parere favorevole allo schema per una ragione di metodo (il Governo non è abilitato ad approvare un simile provvedimento) ed una di merito (è introdotta una disciplina fortemente restrittiva della possibilità di chiedere il ricongiungimento familiare).
Quanto al primo profilo, il Governo sostiene di avere predisposto tale schema al fine di apportare correzioni ed integrazioni al decreto legislativo approvato dal Governo Prodi (d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5) che recepiva una direttiva comunitaria in materia (direttiva 2003/86/CE). Ciò è nelle facoltà del Governo e rientra nella delega conferita a quest'ultimo dal Parlamento a condizione che l'intervento sia limitato effettivamente a mere correzioni ed integrazioni. Nel caso in esame, invece, il provvedimento si ispira ad un indirizzo politico opposto rispetto a quello alla base del decreto legislativo adottato dal Governo Prodi e dunque il Governo sta agendo al di fuori della delega conferita dal Parlamento.
Quanto al merito, va detto che viene introdotto un ingiustificato restringimento alla possibilità per lo straniero di richiedere il ricongiungimento familiare: circoscrivendolo ai casi in cui il coniuge sia maggiorenne oppure il figlio maggiorenne non possa provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione di un'invalidità totale. Simili restrizioni minano alla base la stessa ragion d'essere di un istituto quale il ricongiungimento familiare, indispensabile nella disciplina dell'immigrazione in quanto strumento di integrazione sociale. E' inoltre previsto che, in caso di fondati dubbi, l'accertamento dei rapporti di parentela venga effettuato attraverso l'esame del DNA. Tuttavia non è stata introdotta alcuna delle previsioni raccomandate dal Garante per la protezione dei dati personali nel parere sullo schema di decreto legislativo circa le modalità attraverso le quali dovrebbe svolgersi il trattamento dei dati (e cioè il rigoroso rispetto della loro qualità e sicurezza, l'obbligo di una loro conservazione solo temporanea, il controllo sulla liceità del loro trattamento nei casi in cui l'organo competente si avvalga, per esso, della collaborazione di soggetti esterni). Si tratta nel complesso di disposizioni di chiaro intento xenofobo anche nei confronti di chi è regolarmente presente nel nostro Paese.

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