Il referendum del 25 giugno tra simmetrie e ricordi:per i diritti dei cittadini

Il 25 giugno quando andremo a votare per il referendum costituzionale sulla maximodifica della nostra Costituzione celebreremo, involontariamente o meno, alcune ricorrenze significative della nostra storia costituzionale.
Il 25 giugno del 1944 con il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 151 si era stabilito che l'assemblea costituente avrebbe scritto la nuova carta costituzionale e compiuto la scelta tra monarchia e repubblica
Un altro decreto, di due anni successivo, il n. 98 del 1946, affidò la scelta istituzionale direttamente al referendum istituzionale. Il 2 giugno del 1946 si celebrarono contestualmente le elezioni dell'Assemblea costituente e il Referendum istituzionale. Il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la vittoria della Repubblica.
Il 25 giugno 1946 venne insediata l'Assemblea Costituente con Giuseppe Saragat alla presidenza. Come suo primo atto, il 28 giugno l'Assemblea, elesse come Capo provvisorio dello Stato Enrico de Nicola.
Poco tempo dopo, il 20 di luglio, si insediò la Commissione dei 75, incaricata di redigere il testo costituzionale. La Commissione era presieduta da Meuccio Ruini e composta da alcuni dei più prestigiosi padri costituenti. Mortati, Perassi, Calamandrei, Terracini, Basso, La Pira e tanti altri ancora. Il 22 dicembre del 1947 fu approvata, a larghissima maggioranza, la nuova Carta costituzionale: la nostra casa comune.
E' inutile fare simmetrie tra il metodo e il clima di allora ed il metodo ed il clima di oggi. E' ingiusto e perfino crudele paragonare i costituenti di allora a quelli di oggi. E' ingiusto ricordare il diverso stile di allora, quando sul banco del Governo sedevano i rappresentanti della commissione dei 75 e lo stile di oggi, quando sui banchi del Governo, sedevano Ministri, più o meno distratti, tanto per fare numero.
Certo allora è stata costruita la casa comune degli italiani: quella che non è rimasta affatto immutabile che ha conosciuto oltre una trentina di modifiche formali secondo la procedura dell'art. 138 della Costituzione e che è stata interpretata, adattata, fatta vivere attraverso centinaia e centinaia di sentenze della Corte costituzionale.
Quella casa comune oggi rischia la demolizione: una demolizione, non accidentale o sfortunata, ma una demolizione ostinatamente voluta attraverso il lavoro di una maggioranza chiusa ed ostinata che ha lavorato per un'intera legislatura. Una legislatura che ha conosciuto non solo questo processo di disgregazione formale della nostra costituzione, ma che è stata attraversata da una serie di provvedimenti e controriforme che hanno messo in crisi alcuni principi fondamentali del nostro sistema costituzionale e che abbiamo denunciato nelle decine e decine di pregiudiziali di costituzionalità.
Valerio Onida, nelle pagine iniziali del suo bel libro sulla Costituzione, ricorda l'art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, dove si dice significativamente che un popolo che non attua la separazione dei poteri e non garantisce i diritti fondamentali non ha Costituzione.
Non vorrei drammatizzare eccessivamente la situazione presente, ma credo di poter dire che alcuni degli interventi contenuti nella nuova seconda parte della Costituzione, mettono in crisi seriamente una moderna concezione della separazione dei poteri: la concentrazione di poteri nelle mani del Premier, l'indebolimento del ruolo del Parlamento e quello parallelo del Presidente della Repubblica, devono far riflettere.
Sono anche convinto che alcuni diritti sociali fondamentali in materia di istruzione e di salute, siano stati oggettivamente indeboliti, insieme al principio di eguaglianza, dall'azione combinata di legislazione ordinaria e di queste discutibili modifiche costituzionali relative alla devoluzione. Resta aperto il grande problema dei costi di questa riforma per i cittadini, ma è sicuro che difficilmente un cittadino del sud potrà avere gli stessi diritti di un cittadino del nord.
I diritti sociali fondamentali devono necessariamente fare i conti con le risorse economiche e queste risorse ben difficilmente potranno essere paragonabili, nonostante gli interventi nazionali a sostegno delle prestazioni essenziali.
Se allora fosse vero che da questa sommaria ristrutturazione risultasse indebolita ad un tempo la separazione dei poteri e la fisionomia di alcuni diritti fondamentali, forse potremmo dire con qualche ragione che la casa comune della Costituzione sarebbe assai meno ospitale.

!

Torna in alto