Candidati in tv, sulla par condicio deve vigilare l’Agcom

Da l’Unità del 15 ottobre 2013. In un precedente articolo del 28 giugno avevo rilevato che tra le regole del congresso ne sarebbe servita una anche sulla par condicio nei media o almeno in televisione, dato il fortissimo squilibrio di trattamento esistente tra i candidati e rilevabile già ad occhio nudo. In queste condizioni e con il voto aperto a tutti è fin troppo evidente che la partita si aprirebbe e si chiuderebbe con un risultato già scritto in anticipo.
Se tutto questo poteva andar bene prima della presentazione delle candidature, dall’11 ottobre qualcosa deve inevitabilmente cambiare.
Le regole per il congresso sono state fatte ed approvate. L’art.14 in particolare, dedicato alle garanzie, dice con chiarezza che la commissione nazionale per il congresso provvede a disciplinare, con relative delibere, la diffusione più ampia possibile delle linee politico-programmatiche presentate dai candidati alla carica di segretario e, allo scopo di garantire pari opportunità tra i candidati, stabilisce gli indirizzi e le modalità per la equa ripartizione delle attività di comunicazione e delle risorse finanziarie.
La parola magica è quella garanzia di pari opportunità tra i candidati. Sulla questione si è soffermato con osservazioni che condivido Enrico Rossi nel giornale di domenica. Rossi chiede alcuni impegni alla televisione pubblica ed in primis ai programmi d’informazione (tg e approfondimenti) e chiede anche i dati per il monitoraggio all’Osservatorio di Pavia.
Vorrei aggiungere un paio di riflessioni.
Per avere maggior peso nei confronti dei media, sarebbe opportuno, innanzitutto, che tutti i candidati sottoscrivessero un gentlemen’s agreement rivolto ai mezzi d’informazione, per chiedere, nel rispetto delle priorità notiziali, proprie di ciascuna testata, un trattamento equilibrato tra i candidati. Questo accordo, favorito magari da un’iniziativa della Commissione, avrebbe naturalmente un peso diverso verso la carta stampata e verso le tv, ma avrebbe comunque un significato e costituirebbe un segnale forte nei confronti della pubblica opinione.
E’ giusto poi distinguere l’atteggiamento dei giornali da quello delle televisioni, ma per queste ultime si deve ricordare che sia quelle private che quella pubblica hanno eguali vincoli di imparzialità e di rispetto del pluralismo e di par condicio, anche al di fuori della campagna elettorale.
Facendo leva su questo principio, che la Corte costituzionale ha richiamato, sarebbe possibile che la Commissione nazionale per il congresso si rivolgesse direttamente all’Agcom, che è titolare di poteri di regolazione e di indirizzo in materia, per disciplinare questa particolare campagna elettorale. L’accordo tra i candidati non farebbe altro che potenziare questa richiesta.
Del resto questa soluzione non pregiudicherebbe gli spazi per gli altri partiti ma si limiterebbe ad una disciplina “leggera” dei soli tempi dedicati al partito democratico.
Sarebbe utile per trovare un po’ di coraggio, guardare a quel che avviene in Francia in materia di par condicio, dove non solo la Le Pen è stata costretta, proprio in questi giorni, a rinunciare ad una presenza su France2, ma dove le primarie presidenziali sono state oggetto di una speciale considerazione.
Infine apprezzo la proposta di Rossi di rivolgersi all’Osservatorio di Pavia per controllare le presenze TV dei candidati, ma sarebbe necessario accompagnare questa richiesta da un’analoga sollecitazione verso la stessa Agcom che pure è obbligata per legge a raccogliere questi dati avvalendosi, attraverso un oneroso contratto, di una società specializzata. Sinceramente non abbiamo mai capito cosa impedisca all’Autorità di raccogliere questi dati nominativamente per ciascun esponente del Partito democratico. Basta consultare il sito per averne conferma.
Questa semplice operazione di trasparenza che non costerebbe una lira in più e che i rilevatori compiono inevitabilmente ogni giorno, viene invece nascosta, nella pubblicazione, ai cittadini italiani, che pur finanziano la raccolta dei dati, in omaggio a qualche sconosciuta regola di riservatezza. E forse sarebbe addirittura possibile comunicare questi dati ogni quindici giorni per consentire agli elettori del PD una valutazione appropriata anche di questa delicata partita.

Torna in alto