ANCORA SULLA DECADENZA

Continuano a sollevarsi, soprattutto nel centrodestra, dubbi di legittimità, del decreto legislativo che in applicazione alla legge anticorruzione ha stabilito il principio dell’incandidabilità per i cittadini condannati in via definitiva a una pena detentiva superiore ai due anni. E’ singolare il fatto che tutti questi dubbi non siano neppure lontanamente sollevati al momento dell’approvazione della legge e nei pareri parlamentari che hanno accompagnato il decreto legislativo nel suo iter parlamentare.
I dubbi si pongono anche in relazione all’incandidabilità sopravventa che pure il decreto legislativo, all’art.3, 1 comma disciplina in maniera chiarissima.
Precisa l’art. 3, 1 comma, del d.lgs. 31 dicembre 2012 n.235 in materia di incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare, che “Qualora una causa di incandidabilità di cui all’articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all’articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza.
La normativa è chiarissima e stabilisce che in questo caso l’incandidabilità si traduce in una forma di ineleggibilità sopravvenuta e si segue la procedura già conosciuta a proposito dell’art.66 della Costituzione.
Abbiamo già precisato in un articolo precedente, su questo stesso Blog, che la Giunta per le elezioni anche se segue forme oggettive giurisdizionali non ha assolutamente la caratteristica soggettiva di organo giurisdizionale e quindi non ci sono le condizioni per sollevare la questione incidentale di legittimità costituzionale. Del resto anche i precedenti richiamati davanti alla Corte non sono affatto utili ed applicabili a questo caso. Vedi ancora le sentenze citate in questo stesso blog.
Del resto considerazioni analoghe valgono per l’ipotesi che la Giunta possa fermarsi in attesa della decisione dei giudici di Milano prima e dell’ eventuale ricorso in Cassazione dopo sulle pene accessorie (da uno a tre anni di interdizione dai pubblici uffici) oppure che i lavori si blocchino in seguito al preannunciato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo.
La Giunta e poi l’Assemblea sono semplicemente chiamate ad applicare una legge dello Stato assolutamente rispettosa dei principi costituzionali (come dimostra ancora l’assoluta mancanza di censure durante il recente dibattito parlamentare) e in questa attività agiscono come organi sovrani. L’interdizione stabilità dai giudici di Milano potrebbe determinare un effetto aggiuntivo, ma in ogni caso non un effetto riduttivo.
I ricorsi alla Corte europea, anche ammesso che ve ne siano i presupposti, cosa della quale sinceramente io dubito, si muovono su un piano del tutto separato e non potrebbero decisamente influire sui comportamenti di un organo sovrano.
Si pone poi il problema del significato e delle conseguenze dell’avverbio immediatamente contenuto nel testo del decreto legislativo con riferimento ai ritmi di lavoro della Giunta per le elezioni del Senato convocata per lunedì per esaminare il caso. Alcuni si chiedono in particolare con quale rapidità la Giunta debba discutere ed arrivare al voto finale sulla decadenza di Berlusconi. Ancora ci si chiede se si debba procedere con sedute continue o ad oltranza, oppure se ci siano possibilità di rinvio del voto per permettere ulteriori approfondimenti.
Io credo che anche in questo caso si debbano osservare le prassi parlamentari stabilite per i casi di ineleggibilità sopravvenuta e si debba rigorosamente applicare una legge che nella sua “ratio” ha voluto chiaramente richiamare i principi di tempestività e di trasparenza. Qualcuno ha parlato di una presa d’atto, qualcuno ha sottolineato il carattere dovuto della deliberazione, in presenza del giudicato penale, ma in ogni caso i tempi lunghi sarebbero incoerenti con il senso complessivo della legge. Il diritto di difesa è una cosa, ma esso è stato abbondantemente esercitato nella fase di merito e di legittimità. In questa fase il diritto di difesa verte essenzialmente sull’accertamento dei presupposti che non sono certamente difficili da decifrare.
Quanto infine alla censura rivolta ad alcuni componenti della Giunta di aver anticipato il loro giudizio,con pubbliche dichiarazioni o prese di posizione, ricordiamo ancora una volta che la Giunta non è un’organo soggettivamente giurisdizionale per il quale si raccomanda la più assoluta riservatezza, ma pacificamente è un organo politico per il quale vale il principio supremo della trasparenza dei comportamenti e della responsabilità davanti agli elettori.

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