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Rai. Il diritto e il rovescio

 

Un libro di Roberto Zaccaria, edito da Passigli Editori, da settembre in libreria. Verrà presentato per la prima volta il 13 settembre al Festival della Comunicazione di Camogli insieme ad Enzo Roppo. Il libro vuole descrivere le regole che disciplinano il servizio pubblico radiotelevisivo in Italia e in alcuni paesi europei. Può essere interessante per capire come queste regole vengono interpretate, applicate e, a volte, distorte. Può servire a spiegare le ragioni per le quali tanti arbitri non servano a rendere più corretto il gioco. Può far capire fino a che punto la democrazia ne soffra.

Campagna Raccolta Fondi #Oltrelefrontiere

#Oltrelefrontiere: la campagna del Consiglio Italiano per i Rifugiati per la Libia dal 3 al 9 giugno 2019
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati lancia la campagna #Oltrelefrontiere per restituire un futuro agli uomini, alle donne e ai bambini bloccati in Libia: dal 3 al 9 giugno 2019 sarà possibile donare 2 euro al numero 45586 con SMS oppure 5 o 10 euro chiamando da rete fissa.
Attualmente in Libia ci sono oltre 1 milione di persone bisognose di assistenza umanitaria e protezione. Non solo migranti e rifugiati, ma anche sfollati libici che vivono in condizioni di estrema marginalità sociale, senza accesso a cure e servizi essenziali e martoriati dal conflitto in corso.
Il nostro obiettivo è quello di migliorare il livello di protezione di migranti, rifugiati e sfollati interni, fornendo assistenza umanitaria e promuovendo la ricerca di soluzioni durature. Vogliamo, al contempo, alleviare i bisogni delle comunità locali libiche così da favorire la coesione sociale e contribuire alla progressiva normalizzazione delle loro condizioni di vita.

Cosa puoi fare tu?
Dal 3 al 9 giugno 2019 sarà possibile donare 2 euro inviando un sms oppure 5 o 10 euro chiamando da rete fissa al numero solidale 45586. Grazie al tuo sostegno realizzeremo misure di assistenza umanitaria e attività di supporto individuali per la ricerca di soluzioni durature. Con i fondi raccolti sarà possibile:
– Distribuire aiuti umanitari – cibo, vestiti, medicine, beni di prima necessità;
– Garantire supporto e protezione, soprattutto alle persone più vulnerabili – donne e bambini;
– Supportare la ricostruzione delle aree distrutte dal conflitto;

La campagna è sostenuta dalla Responsabilità Sociale Rai e dal CIR con il sostegno di volti noti del giornalismo e dello spettacolo: Monica Guerritore, Tiziana Ferrario, Andrea Purgatori e Neri Marcorè.
Non perdere l’occasione di fare la tua parte, aiuta il Consiglio Italiano per i Rifugiati a sostenere le persone a cui la guerra e la violenza hanno portato via tutto. Dona 2 euro con SMS oppure 5 o 10 euro chiamando da rete fissa al 45586.

Il dissenso politico ideologico alla luce dei principi costituzionali

1- Premessa. Credo che sia necessaria qualche rapida precisazione introduttiva per affrontare in una prospettiva costituzionale il tema del dissenso. In prima approssimazione credo che sia giusto escludere dal perimetro della nostra attenzione tutte quelle forme di dissenso, di pensiero critico ed anche di disobbedienza che si manifestano e spesso si esauriscono nei rapporti tra soggetti privati, non collocati in una posizione di particolare supremazia. Credo che sia giusto escludere dell’indagine anche il capitolo dell’ingiuria e della diffamazione, non solo per questa impostazione, ma perchè costituiscono figure di reato con una fisionomia precisa e con una giustificazione costituzionale consolidata.
Il dissenso che in questa sede particolarmente interessa è quello di natura politico-ideologica che si configura prevalentemente nel rapporto tra individuo e autorità, tra privati e istituzioni, tra governanti e governati, tra singoli o formazioni sociali ed esponenti del potere costituito e che ha per oggetto la critica più o meno energica nei confronti del pensiero ufficiale, dell’ideologia prevalente o meglio di quella dominante. I rapporti di questo tipo sono di carattere prevalentemente pubblicistico, anche se non sempre si tratta di rapporti tra privati ed istituzioni dello Stato, ma si estendono fino a comprendere una nozione più ampia di istituzioni sociali. Il dissenso che ci interessa può rivolgersi verso un ordine, verso un sistema di valori e manifestarsi in divergenze, a volte anche profonde e radicali, di ordine teorico e ideologico.
A seconda delle situazioni il dissenso può acquistare i connotati di una critica vivace e serrata, in primo luogo verso i rappresentanti di queste istituzioni, verso chi governa, soprattutto verso le pubbliche autorità, ma anche verso chiunque possa considerarsi artefice o responsabile di un determinato ordine politico, sociale, religioso dominate in un determinato momento storico. Spesso i contrasti di natura politico-ideologica avvengono non solo tra i partiti e lo Stato, ma anche “tra” i diversi partiti e così anche tra i sindacati o tra le confessioni Il dissenso politico ideologicoreligiose e via dicendo. Spesso questo tipo di contrasto può avvenire all’interno degli stessi partiti o dei sindacati o delle confessioni religiose. Si parlava in passato di cattolici del dissenso per alludere a contrasti all’interno di quella confessione religiosa.
(Segue)

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TELEGIORNALI, LA BEFFA DEL GOVERNO

da IL FATTO QUOTIDIANO del 9 ottobre 2016 pag.8

La struttura informativa dei telegiornali, che osserviamo in questi primi giorni di campagna elettorale vera e propria sul referendum, proprio non va. Il premier, che ha dichiarato di non voler personalizzare il referendum, ogni giorno va in giro per l’Italia, e non solo, a fare campagna elettorale. Mi pare che qualcuno abbia parlato di circa 200 appuntamenti programmati da qui al 4 dicembre. Indubbiamente un bel sistema per spersonalizzare! Quegli appuntamenti non servono solo a convincere i presenti, ma servano soprattutto per “rimbalzare” sui telegiornali “notizie” del Governo, confezionate essenzialmente a favore del SI.
Non me ne voglia il Direttore, ma vorrei prendere ad esempio il TG1 che essendo il giornale di punta del Servizio pubblico dovrebbe costituire un esempio di equilibrio. Qui non c’entra la par condicio che ancora non è iniziata. C’entra quell’elementare obbligo di pluralismo che, come la Consulta ha detto, c’entra sempre e soprattutto a ridosso delle scadenze elettorali e referendarie più importanti.
Il modo di eludere la par condicio non è nuovo, lo aveva insegnato benissimo Berlusconi e che faceva le sue campagne elettorali nell’anno precedente (come nel 2.000): acquistava un bel vantaggio e poi andava in campagna elettorale a mani basse. Mi pare che stia accadendo lo stesso ora, anche se il tema non è quello di andare in vantaggio, ma è quello di “recuperare” lo svantaggio. In pratica non è molto diverso.
Torniamo al TG1 di questi giorni ed osserviamo la struttura delle notizie. Già nei titoli si richiama con evidenza una presenza del presidente del Consiglio in qualche parte del Paese, una lezione alla scuola del PD, una inaugurazione a Napoli, un discorso a Torino e così via. In ognuna di queste occasioni il servizio del TG è di ampia durata (almeno 2 minuti), come si conviene ad un intervento del Governo. Non solo c’è il giornalista che illustra, con enfasi, il discorso di Renzi, ma ampi stralci sono “dal vivo”, con selezionate frasi ad effetto. Anche la scenografia è curata, come alcuni giorni fa alla scuola PD, quando il premier era inquadrato con la sfondo (casuale) del logo di Basta un SI.
Significativa è anche la struttura del discorso: si parla di Europa, di migranti, di giovani, dei progressi in economia, dei vari bonus e poi l’immancabile conclusione: con il referendum ci giochiamo tutto questo, addirittura per i prossimi vent’anni. Il servizio nel suo complesso dura più di due minuti, l’appello finale dura una decina di secondi. Come si conteggerà ai fini della par condicio? Due minuti e mezzo o dieci secondi o niente, dato che quello è uno spazio dedicato alle notizie (?) del Governo.
E’ interessante anche commentare il servizio, questa volta equilibratissimo nei tempi, dedicato al referendum. Poco più di un minuto. In compenso i tempi sono equamente distribuiti tra il si ed il no.
C’è però da osservare la confezione. Il Si, in genere, è descritto come un fonte omogeneo e compatto, con autorevoli testimonial economici, finanziari, internazionali preoccupati per quella stabilità che solo il Si potrà assicurare. Il fronte del No è, invece, presentato come un fronte eterogeneo (quando non come una vera e propria armata Brancaleone) ed i suoi testimonial sono costantemente identificati in Brunetta, Salvini ed ora anche in D’Alema (nonostante che lui abbia detto esplicitamente di non volersi confrontare con Renzi).
E’ evidente che se questa impostazione informativa dei TG continuasse, la partita non sarebbe certamente ad armi pari. La par condicio deve ancora cominciare e quando entrerà in vigore potrebbe essere troppo tardi.
Noi confidiamo nell’arbitro che la legge ha previsto cioè l’Agcom. Guarderemo con attenzione ai suoi dati ed ai suoi interventi. Certo è un errore aver previsto, all’inizio un periodo di rilevamento dei dati, di ben due settimane: è troppo lungo per poter effettuare efficaci interventi correttivi.
Noi, con il Comitato del No, metteremo in piedi un piccolo osservatorio sui TG e sul rispetto della par condicio che guarderà ogni giorno il comportamento dei principali TG e lo spazio dedicato al SI e al NO e soprattutto lo spazio dedicato al Governo.
Non vorremmo proprio che dopo tutto il peso che il Governo si è attribuito durante la formazione della riforma costituzionale, ora, durante la campagna referendaria, qualcuno pensasse sapientemente di tenerlo artificiosamente fuori dai conteggi per la par condicio! Sarebbe proprio una beffa!

Poche storie, così il governo è strapotente

Da oggi disponibile “La Costituzione spezzata” di Andrea Pertici (LINDAU).Il Fatto quotidiano mercoledì 31 agosto 2016. (Parte della Prefazione di Roberto Zaccaria). Spostare il quesito e soprattutto la ragione principale della risposta in un consenso o meno sull’azione di Governo è indubbiamente un grave errore, ma un errore o una deformazione non meno grave è quella di “riassumere” la riforma in alcuni principi che non corrispondono affatto al contenuto delle disposizioni che la caratterizzano.
Questa comunicazione, a prescindere dalla buona fede di chi la compie, può diventare, se non un inganno, certamente uno sviamento o un travisamento della realtà.
Non mi soffermo in modo particolare sull’equivoco che accompagna il messaggio sulla riduzione dei costi della politica che vengono rappresentati come rilevanti ed invece sono assolutamente marginali e sui quali fornisce risposte molto ben documentate questo libro di Pertici.
M’interessa fare solo un rapido accenno al tema della semplificazione dei processi normativi sul quale si esercitano, nella comunicazione pubblica, improvvisati costituzionalisti di non ben identificate Università. Quest’affermazione contiene ben due errori in uno stesso contesto. In primo luogo quello di considerare la semplificazione del processo normativo costituzionale un valore in sé positivo, mentre tutti riconoscono che viviamo in una società complessa che esige raffinate procedure di sintesi. In secondo luogo dire che questa riforma semplifica il processo normativo è un radicale capovolgimento della realtà, visto che sostituisce al classico ed unico procedimento che tutti conosciamo (art.70 Cost.), la bellezza di almeno sette procedimenti inquadrati in una vera corsa ad ostacoli che probabilmente finirà davanti alla Corte costituzionale.
L’ultimo equivoco sul quale Pertici richiama l’attenzione è quello rappresentato dalle dichiarazioni molto decise sul fatto che la riforma costituzionale non toccherebbe in alcun modo il tema della forma di Governo: infatti si dice che non è formalmente affrontato il capitolo costituzionale che la riguarda.
Niente è più inesatto di questa affermazione. La forma di governo non è infatti trattata nel solo titolo III della seconda parte, ma in varie parti della Costituzione ed anche in alcune importanti leggi ad essa collegate. Basterebbe fare l’esempio della legge elettorale e, perché no, anche dalla legge che disciplina la “governance” della televisione pubblica, per capire che il discorso è un poco più complesso.
La forma di governo si basa evidentemente sul peso dei diversi organi costituzionali non solo in sé ma anche nei rapporti reciproci. Ebbene volendoci limitare solo al ruolo del Governo in Parlamento, sia pure con riferimento specifico al capitolo della produzione normativa, è difficile negare che questo ruolo risulti molto accentuato e di converso ridotto quello del Parlamento.
Tutti sanno che nella situazione attuale, a causa di una serie di patologie, collegate a decreti legge, maxiemendamenti e fiducie, il Governo abbia un peso già molto rilevante nella creazione delle fonti normative.
Dopo questa riforma il Governo avrà una forza ancora maggiore rispetto al periodo precedente.
Restano inalterate alcune sue prerogative nella possibilità di ottenere deleghe, con principi e criteri direttivi che la prassi ha reso sempre più evanescenti e nella possibilità di chiedere la fiducia a ripetizione su un numero enorme di provvedimenti.
Si aggiungono importanti novità che certamente avvantaggiano il Governo. In primo luogo si dispone che la fiducia debba essere richiesta ad una Camera soltanto e per l’appunto a quella dove la legge elettorale (che potrebbe cambiare ma che comunque è molto recente) gli attribuisce una sicura e fidata maggioranza.
In secondo luogo se il Governo avrà alcuni limiti maggiori nell’utilizzazione dei decreti legge (nuovo art.77) avrà per contro la possibilità di utilizzare il “voto a data certa” o la cd “corsia preferenziale” (art.72, ultimo comma). Si stratta di uno strumento del tutto nuovo che la norma costituzionale appena introdotta rimette sostanzialmente alla discrezionalità dell’Esecutivo, senza idonei contrappesi a favore del Parlamento e delle opposizioni.

Il Fatto quotidiano mercoledì 31 agosto 2016

Riforma costituzionale: alcuni motivi per dire NO al referendum.

56 Costituzionalisti documento sulla riforma costituzionale – 18 4 16
Premessa: Secondo l’art.138 Cost. il referendum serve per raccogliere le valutazioni dei CITTADINI, che devono esprimersi in prima persona, aldilà degli schieramenti partitici e governativi, sulle modifiche alla Costituzione approvata nel 1948.
Nei giorni scorsi 56 costituzionalisti hanno diffuso un documento intitolato (allegato) “Sulla riforma costituzionale” che così si conclude:”Per tutti i motivi esposti, pur essendo noi convinti dell’opportunità di interventi riformatori che investano l’attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni, l’orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma”. Come firmatario del documento mi permetto di sintetizzare alcuni di quei motivi
1) Consenso ridotto in Parlamento. Si era detto – anche da parte dell’attuale Presidente del Consiglio – che riforme molto ampie della Costituzione avrebbero dovuto raccogliere un consenso molto ampio in Parlamento, come avvenne alla Costituente. Questo non è avvenuto e in alcuni passaggi si è perfino invocata la disciplina di partito o di maggioranza per convincere le minoranze.
2) Forma discutibile. Tenere distinti: Governo e Costituzione. La riforma è scritta male e stona rispetto al bellissimo testo originale della nostra Costituzione. Il Governo ha avuto un ruolo eccessivo, rispetto alla Costituente, quando il Governo si astenne dal condizionare i lavori. Il Governo ora vuole condizionare anche il giudizio referendario, ponendo una fiducia impropria sul risultato. “Se non vince il SI vado a casa”.
3) Senato troppo debole. Regioni indebolite. C’è un’evidente asimmetria tra Camera e Senato. La seconda Camera è squilibrata tra composizione e competenze. Rappresenta le autonomie regionali che nel frattempo sono state quasi azzerate. E’ un “dopolavoro” di consiglieri regionali che non bilancia la prima Camera e sarà inevitabilmente controllata dai partiti (attraverso i gruppi) più che dalle Istituzioni territoriali.
4) Troppi procedimenti legislativi. Prima c’era un procedimento legislativo semplice e ordinato. Si dice di voler semplificare.Con le modifiche introdotte, anziché snellire il processo di formazione delle leggi, lo si complica. Si sono sostituiti almeno sette diversi procedimenti legislativi ed aumenterà inevitabilmente il contenzioso costituzionale.
5) Troppo forte il Governo in Parlamento. Finora il Governo aveva già un peso molto forte in Parlamento. Ora le cose peggiorano. Per effetto della legge elettorale il Governo potrà contare su di una maggioranza amplissima alla Camera ed anche nel Parlamento in seduta comune (che ne costituisce una sorta di propaggine). Potrà continuare a fare i decreti legge e disporrà di una corsia preferenziale per fare le leggi che giudica “essenziali”. Il Parlamento composto in gran parte da “nominati” (preoccupati della rielezione che dipende dal “capo”) non avrà la possibilità di bilanciarne i poteri.
6) Indeboliti gli organi di garanzia. Presidente della Repubblica, Corte costituzionale e CSM escono più deboli per effetto di questa riforma. Risultano soprattutto compromessi i meccanismi di elezione.